Il mio paese

 

La Passerella che unisce l’abitato di Pieve San Lorenzo, la chiesa, all’abitato di Vinacciara

Ricerca di Giovanni Martini

 

La passerella è un ponticello di legno su due travi che poggiano su pilastri di pietra di solito a base quadrata o rettangolare, detti anche pilastri o pile, costruiti con le fondamenta assai profonde nel letto del torrente o del fiume per garantirne la stabilità.

La campata è la distanza fra una pila del ponte e l’altra che segue.

Le travi sono grossi fusti di legno di castagno, o di cerro, più o meno squadrate che poggiano sulle pile o di cerro, più o meno squadrate che poggiano sulle pile, o pilastri. Le travi sorreggono traversine, sempre di castagno o cerro, sono tavoloncelli lunghi m.2,20 circa con uno spessore di cm.12. 

 Ai lati della passerella corre un robusto travicello per contenere il selciato che forma il piccolo nastro stradale della passerella. 

I due bordi sono provvisti di una ringhiera, o parapetto, di ferro oppure di legno.

La prima passerella che unisce i due abitati risale all’anno 1880. In quel tempo furono costruite n.7 pile in pietra e calce di corbana cotta sul posto, nel luogo chiamato Mercatale.

I pilastri erano robustissimi e misuravano m. 2,50 per m.3. Purtroppo, non essendovi ancora le pompe per levare l’acqua dalla fondazione, i pilastri furono fondati a circa 3 metri di profondità nell’alveo del torrente.

Sui pilastri poggiavano, come già detto, due grosse travi di castagno o di cerro. La ringhiera , o parapetto, in ferro fu eseguita da un fabbro locale, Torre Salvatore, oriundo da Castagnola o Agliano. Per il tempo era un’opera d’arte.

Nell’anno 1896, nel bacino imbrifero a monte del fondovalle di Pieve San Lorenzo, si scatenò una pioggia così forte che molti si rinchiusero in casa a pregare pensando che fosse il diluvio universale. Anche il Pievano del tempo, Don Cesare Menchini da Renzano, scoprì la sacra immagine del Crocifisso e pregarono, pregarono, per la salvezza del paese.

La pioggia cessò ma della passerella rimasero solo quattro pile e capovolte dall’impeto della fiumara.

I danni furono tanti, tanti. Alcuni contadini perdettero tutto il bestiame, Una famiglia aveva preparato, in paese, le travi per la casa che stava costruendo. Le lunghe e pesanti travi sparirono trascinate verso il mare come fuscelli di paglia.

Un uomo di nome Tolomei Olindo, che tentò di salvare la sua unica mucca, fu travolto dalla piena e non furono ritrovati né lui né la sua mucca.

Nell’anno 1900 fu ricostruita la passerella sul Torrente Tassonaro, murando sulle vecchie pile capovolte dalla piena del 1896.

Le pile ebbero così una base più ampia e più solida. Furono trascinate sul prato le nuove travi di castagno, squadrate e spalmate di catrame affinché durassero nel tempo. Le campate erano sei, distanti l’una dall’altra circa 5-6 metri.

Furono rimesse le traversine e ricostruito il selciato come nella primitiva costruzione. 

Nell’anno 1936 venne un nuovo diluvio in piena estate. In poche ore cancellò tutto: dov’era il ponte rimase un profondo fossato impraticabile. 

Nell’estate del 1938 furono riedificate le pile arrotondate e con basamento più profondo. Ma nell’anno 1956, una nuova fiumara ripulì tutta la ghiara del torrente, asportando quanto trovò sulla sua corsa.

Furono allora sostituite le travi in legno con travi di ferro ed il nastro pedonale con gettato di cemento armato. 

Nell’anno 1986, nuova piena e nuova distruzione. L’impeto dell’acqua sradicò piante di pioppo secolari e ontani. Investì gli automezzi parcheggiati nelle vicinanze e non furono ritrovate neppure le carcasse. 

Furono ricostruite le tre pile sul lato dell’abitato di Vinacciara e collegate fra loro da una robusta diga di sbarramento e contenimento dell’impeto delle acque del bacino imbrifero che si estende dal Monte Betolleto, Passo dei Carpinelli, Argegna.

Naturalmente tutte queste spese hanno gravato sulle magre risorse del Comune. La diga fra le pile del ponte, ha dato ad ora ottimi risultati.

Il Tassonaro, vorrei chiamarlo il torrente del malaffare, perché nell’alluvione del 1986, asportò e disperse perfino il blocco monolitico di marmo con i nomi dei caduti delle due ultime guerre che stava per essere collocato su un supporto già preparato dall’amorosa cura del Presidente dei combattenti Frediani Giovanni.

 

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