28-10-23

"...Plebem Sancti Laurentii" A.D.1148

Con il Patrocinio di

  Unione dei Comuni della Garfagnana Comune di Minucciano   Comune di Casola Lunigiana   Pro Loco di Pieve San Lorenzo

Sabato 1 settembre, ore 18

Angelo Ghiretti, Direttore del Museo del Piagnaro a Pontremoli (MS)

e Marta ColomboSoprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara:

"Gli scavi di Pontevecchio e i ritrovamenti di Minucciano"

http://www.valeria.martini.name/Pieve_875/AUDIO1-09-23_GHIRETTI.mp3

Relazione del Professor Angelo Ghiretti

Trascrizione audio Ghiretti 001

Angelo Ghiretti: Buonasera è sempre un’emozione essere qui a Pieve San Lorenzo Perché mi ricorda il maestro Martini, ed è proprio da lui che voglio partire stasera perché è uno dei miei miti, nel senso che tra il dicembre del ‘64 e la primavera-estate del 1965 lui da solo e poi con la figlia Gabriella, ha trovato tre stele. E noi abbiamo sempre pensato che fossero le stele a farsi trovare da lui, tale era la passione che lui ci metteva. E… Io ho davanti a me Eliana Vecchi e voglio ricordare, guardando lei, un pensiero di Loris Iacopo Bonomi. Quando io arrivai, nel 2010, lui mi guardò, mi ascoltò e poi mi disse: - Se lei ci mette così tanta passione saranno le stele a venire da-a lei e non viceversa. -

E questa cosa, un po’ poetica così come d’altronde, nel maestro Martini si verifica. Per cui questa citazione deriva da Bononi, ma in forma poetica è una sorta di constatazione molto piacevole. Questo è il motivo per cui è tra i miei miti parlando delle stele.
Qua, vedete una foto che sua figlia Gabriella, che vedo e saluto con grande piacere, mi aveva dato nel 2010 quando io avevo preparato i filmati che ricordano gli scopritori delle stele da inserire nel percorso del museo.

Come dicevo prima, a con una persona che ci sta guardando, il percorso con le-la multimedialità è stato da me impostato in modo anche un po’ anarchico, nel senso che avrebbero voluto tutti dei filmati da tre minuti, perché adesso la moda è un po’ quella e io invece penso, visto che ho una certa età, penso ancora che si vada nei musei soprattutto per cercare di imparare, di vedere anche cose bellissime, imparando, magari facendo imparare le nuove generazioni e di conseguenza ho preteso che poi ho imposto tra virgolette che ci fosse una stanza dove addirittura ci fossero 40 minuti tutti i vari archeologi che si sono occupati di stele ma anche Gabriella con Battistino Menchini, tutti i ritrovatori che parlavano della loro esperienza. Devo dire che è stato una cosa unica, oltre ad una cosa affascinante, una cosa unica ma e una testimonianza preziosa per chi verrà. E parlando del mastro Martini non si può non cominciare da Casola. Dal ritrovamento di Casola che, se ricordo bene, intorno al 20 di dicembre del 1964, visto che il Natale era alle porte il maestro Martini ha ben pensato di recuperare la stele dopo che l’aveva trovata nella località di Nibbiara dove gli operai stavano ripulendo dal terreno di frana un lato strada. Recuperare la stele di Casola e portarla a sua insaputa davanti a casa Ambrosi, infiocchettata perché il Natale stava per arrivare. Ambrosi non c’era, arrivò e si trovò questa bella sorpresa. Ora questo è raccontato in un modo così, romantico; io che ho mandato 3, 4 volte le stele di Casola in giro per musei e mostre, l'ultima soltanto un mese fa mi è ritornata dalle terme Diocleziano di Roma, pretesa dal Ministero, e so che pesa tra i tre e i quattro quintali, per cui io mi chiedo ancora, come abbia fatto il maestro Martini a portarla davanti alla casa di Ambrosi, essendo un sasso di un peso di quattro quintali. Veramente ci voleva tutta l'energia, ma vorrei dire entusiasmo del maestro Martini, per fargli trovare la forza necessaria per portarla davanti a casa Ambrosi, il tutto documentato da questa foto che voi vedere.

E questa è la stele di Casola nella nuova esposizione che, secondo me, con delle magie veramente sorprendenti l'architetto Guido Canali, ha fatto delle nostre stele lunigianesi. “Facciamo provare al visitatore un senso di meraviglia” questo era il leitmotiv di Canali e credo che ci sia riuscito.

E questa è la località Nibbiara, dove sulla destra, ecco, in questa posizione, ma Gabriella vi potrà dire, conosce il punto esatto, in questa posizione lato strada, Martini andando a scuola alle 8 della mattina con la Vespa, si era accorto di una pietra tonda che usciva, ha fermato la Vespa e prontamente, scavando a lato ha visto che si trattava di una stele e l’ha recuperata. Il fatto è che per le tante tante cose che bisogna fare ancora in Lunigiana tanti sono i progetti, esiste un campo sopra al castel, sopra il pendio e, mi dice proprio Gabriella, questo campo ha un nome delle serie: “il campo dei morti” o “campo morto”. E naturalmente questo potrebbe in un prossimo tempo far parte di indagini con georadar perché, come ci ha ben descritto il nostro massimo esperto di preistoria in Italia, recentemente scomparso, le stele della Lunigiana, anche quando si trova un esemplare da solo, in origine non sono mai state sole eh. Le stele della Lunigiana sono almeno, di tipo A e tipo B, le altre invece, per un discorso diverso, le altre sono in genere singole poste su tombe. Però le stele di tipo A e di tipo B sono sempre degli allineamenti. Per cui quando si trova in una scarpata una stele, bisogna vedere da dove viene perché è probabile che nel campo sopra ci siano altre stele. Non dico che ci siano tutte, forse, visto che ci vengono da un passato di 3.000 anni fa. Alcune potrebbero essere state trovate, reimpiegate, spezzate, eccetera. Però c’è possibilità che qualcuna si sia salvata. E questo è, diciamo un programma di ricerche che io e Marta abbiamo molto ben preciso in testa perché questo è uno degli obiettivi che gli archeologi devono avere, far continuare la ricerca, e andare a vedere i punti dove le stele sono state trovate. Un museo in questo senso funziona come un laboratorio di ricerca e io direi: soprattutto come un laboratorio di ricerca, guai a un museo che non fa ricerca, diventa un fossile esso stesso.

Questo (nella foto) è Minucciano. E naturalmente, qua vedete la cesura del luogo dove sorge il santuario della Madonna del Soccorso. Si tratta, come è stato scritto tante volte, di un valico, che sta in prossimità, del displuviale fra Aulella e Serchio, fra Garfagnana e Lunigiana. Io dico così perché per me non ha molto senso il fatto che qua siamo amministrativamente in provincia di Lucca. Io devo naturalmente basarmi solo sulla rete idrografica e sulla geografia fisica, questo per me ha importanza e ha dell'importanza anche per l’esecutore delle stele, tant'è che nel bacino del Serchio non ce n'è neanche una e se superi il crinale, in Lunigiana ce ne sono 85, per cui questo ha anche un significato di limite culturale. Ma forse questo non è il principale significato di queste stele. Proverò in fondo a questo breve relazione, darvi un'idea del mio pensiero, senza pretendere naturalmente di trasmettervi la verità che è di per sé, irraggiungibile.

Questa (nella foto) è la stele Minucciano I, trovata dal maestro Martini, credo sempre nel ‘64 se mi ricordo bene e la Minucciano II noi abbiamo addirittura in chiesa chi l’ha ritrovata: 1965, Maestro Martini, con la figlia e Battistino Menchini. Come è noto, ricordiamo anche questo aneddoto che è molto simpatico. Loro avevano scavato una parete, vicino alla piazzola dove poi sarebbe stato fatto tre anni dopo un piazzale per le macchine, in una parete di terra avevano visto un sasso tondo, avevano grattato, avevano visto che questo sasso tondo “girava” e hanno capito che poteva trattarsi di una testa di stele. Era così uscito il frammento superiore che vedete ma mancava quello inferiore e il maestro Martini si era messo sulle spalle per portarlo alla macchina dopo aver cercato disperatamente il pezzo inferiore che non si ritrovava. A un bel momento, un po’ per la pesantezza ma soprattutto... così, gli è venuto di dire: -Adesso la lascio- e l’ha mollata dalla spalla, perché in realtà era tanto pesante, però prima di gettarla per terra sui cespugli ha detto: -Però mi fermo qui perché ci sarà l’altro pezzo! - E in effetti in quel cespuglio c’era l’altro pezzo.
E questo è, diciamo uno degli aneddoti che ricorrono molto spesso nei ritrovamenti delle stele. Ogni stele ha un aneddoto in genere e sono tutte cose molto simpatiche e molto curiose.

E non poteva naturalmente mancare la foto del ‘65, con Gabriella, suo padre e Battistino Menchini, orgogliosi della loro scoperta.

Non posso non ricordare anche questa dissertazione, credo del 1963, di Gabriella che forse sta spiegando il Castellaro di Pieve San Lorenzo. E la stanno ascoltando calibri della serie: Augusto Cesare Ambrosi, Romolo Formentini e soprattutto Nino Lamboglia, grande archeologo e soprattutto il grande divulgatore di un metodo di ricerca e di studio che ha fatto la storia dell'Istituto di studi liguri.

E questa (foto) è la stele, Minucciano III, che verrà poi scoperta nel 1968, era il 5 di settembre, dall’eremita Marco Cortesi che, dopo i ritrovamenti del maestro Martini stavano splateando con le ruspe davanti al santuario e lui puntualmente controllava questi lavori, devo dire con grande intuito e grande passione. E un paio di foto di lui che mi fa molto piacere mostrarvi, a sinistra ancora giovane forse arrivato da poco al santuario e questa foto invece sulla destra col santuario ancora tutto da restaurare, è del 1971. Perché a tre anni dalla scoperta, Ambrosi e il professor Mannoni si sono accordati e hanno fatto alcuni saggi archeologici esattamente nel punto in cui la stele Minucciano III era stata scoperta. Il punto, la fossa della posizione della stele, era ancora riconoscibile. E questo scavo ha permesso di raccogliere almeno un paio di informazioni, però di grande grande interesse. La prima ci dice che lo strato dell'età del ferro si era accumulato contro la stele e di conseguenza la stele nell’età del ferro era già abbattuta con sicurezza e abbattuta anche in un modo violento, visto che è spezzata, tra l'altro, come la Minucciano II. altra cosa molto importante è, e che si deve proprio agli scavi molto accurati di Mannoni, è che anche lì c’era una massicciata che probabilmente era non dell'età del bronzo, che è il momento della distruzione diciamo così della stele, ma il momento in cui la stele viene eretta, c'era questa massicciata che era un po’ rovinata, però si vede ancora e si vedrà meglio in questa foto, ecco qua si vede questa massicciata dove la stele Minucciano III è stata trovata.

Ma ora vi mostro questa foto inedita, assolutamente inedita, che mi ha dato la persona che qui sta rilevando e che si chiama Fernando Bonora dell’ISCUM, che partecipava. A destra abbiamo quello che diventerà negli anni il Presidente dell'ISCUM di Genova, cioè Severino Fossati: una delle colonne, devo dire, un naturalista dell’ISCUM.

E non voglio chiudere questa chiacchierata senza dire qualcosa sull'aspetto più interessante e più criticato delle stele, ovvero il significato. Ci siamo arrovellati sul significato e tante volte si dice, non si sa, eccetera. D'accordo, non si sa, però si possono anche recuperare un po’ tutte le informazioni, alcune datate, altre recenti e cercare di proporre un'ipotesi. È quello che io ho fatto negli ultimi numeri, ormai alla quarta edizione, del volume che correda il museo delle statue Stele, il catalogo del museo. Allora cerco, è una cosa molto complessa, ma cerco di tradurla in parole più semplici possibili. E in sostanza, la mia ipotesi deriva per il 70% da Ubaldo Formentini e da Romolo Formentini figlio, che voi vedete qua, sopra c'è il padre Ubaldo e sotto c'è il figlio Romolo.

Partiamo da Ubaldo. Ubaldo scrive nel 1948, un articolo che riguarda il megalitismo e le stele in Liguria e in Lunigiana e devo dire che io sono ancora estremamente affascinato da questo articolo lungimirante, con ancora molti spunti che non solo sono attuali ma veramente visionari, vorrei quasi dire perché ha capito delle cose, molto prima degli altri e queste cose sono ancora più che credibili.

Cosa dice nella sostanza Ubaldo Formentini? Dice, guardate che le stele in Francia di stele ce ne sono tante e i francesi già le chiamano “sans bouche”: senza la bocca. Perché senza la bocca? E qua sono gli antropologi culturali che ci vengono in aiuto e ci dicono: guardate, la bocca manca, nelle stele di tipo A e anche di tipo B, perché è semplicemente lo spirito dell’antenato sta dentro, se ci fosse la bocca uscirebbe dalla bocca.

E non può uscire e questo si capisce benissimo perché le stele devono interloquire con chi le ha fatte. Loro devono rapportarsi a degli spiriti dentro delle pietre che non sono semplicemente delle pietre scolpite, sono pietre scolpite che rappresentano i loro antenati, il cui spirito alberga dentro le stele e questo è un aspetto, dello spirito che sta dentro. Questo ci dice Ubaldo Formentini. Dopodiché, a cavallo tra il 1979 e 1980, in un convegno Romolo Formentini, che peraltro si è espresso tante volte, con ipotesi che non erano molto condivisibili, però comunque figlio di genio, partorisce a sua volta una tesi che è quella, secondo me, voglio dire molto semplice a vederla ora, soltanto che prima non era stato detto da nessuno, e cioè che le statue stele di tipo B, altro non sono che pugnali piantati nel terreno: la forma delle stele di tipo B è un pugnale antropomorfo piantato nel terreno. Ora, a questo punto, qual è il significato? Piano piano sta uscendo, come proposta, ben inteso, e cioè: se la stele è antropomorfa contiene dentro di sé uno spirito, il pugnale è uno strumento, uno status simbolo, se vogliamo anche uno strumento di morte, è uno strumento che, piantato nel terreno, in forma di stele, fa sì che ce ne sia una parte emersa e raffigurata, decorata, ma una parte, la punta in fondo, poi piantata nel terreno. Il terreno è il mondo ctonio, o il mondo ultraterreno e di conseguenza, in questo senso la stele in forma di pugnale altro non sarebbe che il comunicatore tra l'aldiquà e l’aldilà. Loro parlavano in questo senso agli spiriti degli antenati e con la forma di pugnale delle stele piantata nel terreno, erano sicuri di interloquire con loro, al punto che, quando realizzavano una stele, lo vediamo, con quelle di Groppoli qua sotto, la testa della stele è anche al retro, estremamente lavorata, perché il riferimento è all'impugnatura, al pomo ergonomico del pugnale. L’impugnatura si otteneva lavorando il pomo del pugnale. Ora loro non ne facevano certo un discorso di arte, questo è una proiezione nostra, allora non interessava minimamente. Loro volevano riprodurre un pugnale molto bene, bene il più possibile, perché funzionasse come l’interlocutore con l’aldilà e dunque le stele in questo senso, come peraltro già si sta scoprendo, in Valtellina e soprattutto in Val Camonica, avrebbero un aspetto legato al funerario, cioè davanti all’area cerimoniale, dove ci sono le stele in allineamento, si sarebbe svolta una tappa di un rituale complesso in almeno due, se non tre tappe, e legato all'aspetto funerario.
Di più per il momento non è possibile dire, questa è l’ipotesi ed è, diciamo, la chiusura di due ipotesi che sono state fatte da Ubaldo e Romolo Formentini, a cui io voluto dare una conclusione, diciamo così, ho parlato con dei colleghi che studiano solo l’età del rame, colleghi di mia fiducia e mi hanno detto che condividono quest'ipotesi. Questo mi ha fatto piacere e comunque questa ipotesi l'ho voluta pubblicare negli ultimi numeri del catalogo del Museo delle stele.

Qualche immagine, a supporto di quello che ho detto e cioè, il volto a U classico dove la bocca esiste concettualmente però sta dentro, la U non si vede, non c'è realizzata appositamente, ci sarà soltanto nelle stele di tipo C che hanno un discorso diverso e ho voluto anche mettere un riferimento all'Antico testamento: allora Dio baciò Mosè e prese la Sue Anima con un bacio dalla sua bocca, cioè il concetto dell'anima che esce dalla bocca, è una cosa ancestrale, esostorica, antichissima e di conseguenza questa cosa poteva risalire anche a tempi anche anteriori, anche protostorici. E il concetto dell'anima che esce dalla bocca però, visualmente, lo abbiamo anche raffigurato, dipinto, a Padova, vicino proprio alla basilica del Sant’Antonio, in un oratorio di San Giorgio, il pittore Altichiero, siamo nel 1384, fa vedere che il demonio porta via dalla bocca, proprio nel momento del trapasso, l'anima, attraverso la bocca, come vedete. Ecco, io direi che questa è la mia proposta e la mia conclusione. Buona serata.

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